La vita e la carriera dell’attrice Vivien Leigh, dopo lo straordinario successo del kolossal Via col Vento
“Via col Vento” segnò un punto di svolta nella carriera di Vivien Leigh, che divenne celebre a livello mondiale e fu persino la prima attrice britannica a vincere un Oscar. Dopo Rossella O’Hara, interpretò altri ruoli altrettanto memorabili, sia a teatro, al fianco di Laurence Olivier, che al cinema. Tra i successi, però, l’ombra della malattia mentale si fece sempre più incombente.
Il matrimonio con Laurence Olivier
Nel 1940, sia Leigh Holman che Jill Esmond concessero ai rispettivi coniugi il divorzio, ottenendo la custodia dei figli che entrambe le coppie avevano avuto. A questo punto, Vivien e Laurence poterono sposarsi, coronando così un amore assoluto e appassionato. La cerimonia si tenne il 30 agosto a Santa Barbara, dinanzi agli occhi di soli due testimoni: Katharine Hepburn e lo sceneggiatore Garson Kanin.
Nonostante i due attori fossero ormai legittimamente uniti in matrimonio, non mancarono le polemiche riguardo la loro relazione: molti critici collegarono l’inizio della storia adultera ai ruoli che avevano interpretato insieme a teatro. Anche a causa di queste parole, probabilmente, la produzione di “Romeo e Giulietta” a Broadway, per la quale Leigh e Olivier avevano investito i propri risparmi personali, fu un disastro.
Quello stesso anno, Vivien Leigh si propose per ben due ruoli da interpretare al fianco del marito:
- la seconda signora de Winter per il film “Rebecca, la prima moglie” di Alfred Hitchcock. Il ruolo fu assegnato a Joan Fontaine, sorella di Olivia de Havilland (Melania in “Via col Vento“) con grande delusione di Vivien: sia Selznick (produttore della pellicola), che Hitchcock notarono che il suo provino non era all’altezza delle aspettative. Mancava l’entusiasmo dimostrato in occasione di “Via col Vento”;
- Elizabeth Bennet in “Orgoglio e Pregiudizio” (1940). Vivien fu rifiutata, e al suo posto scritturarono Greer Garson.
Vivien e Laurence ebbero occasione di recitare insieme nel film “Il grande ammiraglio” (1941), in cui si racconta la relazione tra Horatio Nelson e Emma Hamilton.
Nel 1943, i coniugi tornarono in Inghilterra. Ad entrambi fu offerto di recitare in “Jane Eyre” insieme alla figlia di Vivien e Leigh Holman, Suzanne, la quale avrebbe interpretato Jane da piccola; Vivien, tuttavia, rifiutò.
L’anno successivo, Vivien si recò in Nord Africa, per partecipare a degli spettacoli preparati per le truppe. In quell’occasione contrasse la tubercolosi, malattia che le provocò problemi di salute fino alla morte. Quando fu dimessa, in seguito ad una lunga degenza, il marito notò i primi segni di una forte depressione.
La salute mentale di Vivien contribuì al declino della loro relazione: una volta in Inghilterra, i suoi attacchi si intensificarono e ogni volta non ricordava cosa fosse accaduto. Spesso soffriva di repentini cambi d’umore, passando da istanti di profonda depressione ad improvvisa iperattività. Un aborto spontaneo dovuto ad una caduta sul set di “Cesare e Cleopatra” (1945) inasprì la precarietà del suo equilibrio mentale. Non di rado si gettava in terra preda di convulsioni. Non si riprese completamente, tanto da compromettere la sua performance.
La coppia, nel 1948, si recò in Australia e Nuova Zelanda per una serie di spettacoli che riscossero consensi da parte del pubblico. Tuttavia, dietro le quinte, il resto della compagnia assistette a furiosi litigi tra Vivien e Laurence. Una sera, lei si rifiutò di salire sul palco perché non trovava le sue scarpe, e la discussione culminò con degli schiaffi da parte di entrambi. Tutte le volte, però, sul palco si esibivano come se tra di loro non fosse accaduto nulla. Nonostante l’impegno costante, Vivien spesso si faceva sostituire sul palco a causa dell’insonnia. Laurence, negli anni successivi, ricordò questo periodo come il momento in cui “perse la sua Vivien”; la situazione, una volta tornati in Inghilterra, si fece sempre meno gestibile. Lei addirittura gli confessò che non l’amava più come un tempo e che lo vedeva come un fratello. Vivien era cambiata, l’aveva persino tradito con l’attore Peter Finch nel ’54 e quattro anni dopo intraprese una relazione con John Merivale, suo collega, con il quale sarebbe rimasta fino alla morte pur non sposandolo mai: non c’era nulla che potesse eguagliare la passione e l’intensità dell’amore che aveva provato per Laurence Olivier.
Alla fine, la coppia divorziò.
“Il ponte di Waterloo”
Pur non avendo ottenuto una parte in “Rebecca, la prima moglie” e “Orgoglio e Pregiudizio”, nel ’40 Vivien Leigh recitò nel film “Il Ponte di Waterloo” al fianco di Robert Taylor, scritturato al posto di Laurence Olivier. La pellicola è un remake del melodramma “La donna che non si deve amare” (1931) e riscosse maggiore successo rispetto all’originale. La colonna sonora fu candidata agli Oscar insieme alla fotografia. La storia, per certi aspetti, si discosta dall’originale: i protagonisti Myra e Roy si conoscono prima che la giovane ballerina sia costretta a prostituirsi per poter sopravvivere. Il film ci appare come un flashback di Roy che, alla vigilia della Seconda Guerra mondiale, ripensa alla sua storia d’amore con Myra, con la quale non è riuscito a sposarsi prima di partire per il fronte durante la Grande Guerra. La giovane, che avrebbe dovuto essere accolta dalla famiglia di Roy, finisce per fare la prostituta insieme all’amica Kitty in seguito alla notizia della morte del suo innamorato. Lui, tuttavia, ritorna in Inghilterra e non sospetta quanto Myra abbia dovuto degradarsi pur di non finire in mezzo alla strada. Accolta dalla famiglia del futuro sposo, Myra non riesce a combattere il senso di colpa e confessa di essersi prostituita a Lady Margaret, la madre di Roy, dalla quale riceve comprensione. Tuttavia, la giovane è annichilita dal suo insuperabile conflitto interiore e decide di suicidarsi sul Ponte di Waterloo, il luogo in cui lei e Roy si erano conosciuti.
Il film fu accolto sia dalla critica che dal pubblico con enorme approvazione e l’interpretazione di Vivien Leigh ricevette numerosi elogi.
La pellicola, nel 1956, è stata ulteriormente riproposta, con una trama simile ma soggetti diversi, con il titolo di “Gaby”. I protagonisti, Leslie Caron e John Kerr, portarono sullo schermo un’interpretazione meno drammatica e più ottimista.
“Cesare e Cleopatra” (1945)
Il film, tratto dall’opera dell’irlandese Shaw e diretto da Gabriel Pascal, fu una tra le più costose produzioni britanniche, sia per l’utilizzo del technicolor, sia per la richiesta, da parte della produzione, di portare sul set della vera sabbia egiziana al fine di rendere più verosimili le immagini. Inoltre, a causa della guerra e della pausa che Vivien dovette prendersi in seguito all’aborto, le riprese durarono più a lungo di quanto fosse stato preventivato. Per abbassare i costi di produzione, il regista chiese a numerosi aristocratici di Mayfair di apparire nella pellicola come comparse.
Il film racconta la relazione tra Cleopatra e Cesare, il quale si trova in Egitto per risolvere la faida tra la regina e il fratello Tolomeo.
Nonostante l’apprezzamento da parte del pubblico, la pellicola ricevette diverse recensioni negative da parte della critica. Anche “Anna Karenina” (1948) riceverà lo stesso trattamento da parte dei critici.
Vivien Leigh e Blanche Dubois
Oltre a Rossella O’Hara, il ruolo che consacrò Vivien Leigh come star del cinema fu quello di Blanche Dubois, protagonista di “Un tram che si chiama desiderio”. Il film, tratto dall’opera teatrale Premio Pulitzer di Tennessee Williams, era alla fine degli anni ’40 rappresentato nel West End e nel 1951 ottenne anche una trasposizione cinematografica.
Tennessee Williams era rimasto colpito dalle interpretazioni di Vivien, la quale voleva a tutti i costi ottenere il ruolo di Blanche. Quando Williams contattò Olivier, questi temette che, acconsentire affinché Vivien recitasse quella parte, avrebbe potuto turbare ulteriormente la sua psiche. L’opera, infatti, affrontava delle tematiche delicate quali la promiscuità, la ninfomania e l’omosessualità e prevedeva anche una scena di stupro. Alla fine, Vivien ottenne la parte sia a teatro (dove la direzione fu affidata a Laurence Olivier) che al cinema; sul set lavorò al fianco di Marlon Brando, con il quale strinse un forte e rispettoso rapporto professionale. La maggior parte del tempo che non si trovava di fronte alla cinepresa, invece, lo trascorreva nel suo camerino per riposare, da sola o in compagnia di amici come Humphrey Bogart e Lauren Bacall.
Per Vivien, recitare era parte della sua indole: si calava nel personaggio da interpretare e quasi si lasciava consumare dai ruoli che le venivano assegnati, dedicandosi allo studio di ogni minimo dettaglio, dall’intonazione ai gesti. Spesso pareva che recitasse in uno stato di totale incoscienza. Il ruolo di Blanche Dubois non fu da meno: le valse il secondo Oscar come miglior attrice protagonista, ma minò il suo delicato equilibrio mentale. Vivien si calò perfettamente nel personaggio, fino a renderle impossibile tornare alla realtà. L’idea di vestire i panni di quella donna l’eccitava profondamente. Entrambe erano sull’orlo della follia e, quando la sua interpretazione teatrale fu oggetto di una critica negativa, la situazione precipitò, tanto che di notte prese a vagare da sola per le zone più discusse del West End.
Il film fu un successo, ma il ruolo di Blanche condusse Vivien in fondo al baratro oscuro della sua malattia.
La malattia mentale e gli ultimi anni
Fin da giovane, erano evidenti i segni di un disturbo bipolare, ma, in seguito all’aborto spontaneo, Vivien non fu più in grado di recuperare se stessa: l’incidente aveva innescato nella sua mente una bomba che sarebbe esplosa; interpretare Blanche Dubois, come aveva previsto Laurence Olivier, fu fatale.
Già ai tempi della scuola, come testimoniò una sua compagna, Vivien soffriva di strani sbalzi d’umore, repentini e imprevedibili: poteva essere amabile per mesi, per poi affondare nel silenzio e in atteggiamenti isterici anche per giorni. All’epoca, il disturbo bipolare era conosciuto come “psicosi maniaco-depressiva”. Vivien sapeva che qualcosa non andava e si fidava soltanto del medico che le aveva diagnosticato questa malattia.
Era in grado di riconoscere un attacco prima che ne fosse vittima e, quando si sentiva meglio, era solita chiedere scusa alle persone che si erano prese cura di lei, benché non ricordasse cosa fosse avvenuto. Il disturbo non le provocava soltanto repentini sbalzi d’umore, ma anche la necessità impellente di consumare rapporti sessuali.
Vivien era persino consapevole che recitare in “Un tram che si chiama desiderio” l’aveva condotta sull’orlo della follia. Difatti, il confine tra “Vivien Leigh” e “Blanche Dubois” si fece sempre più labile e inscindibile, finché ai dottori, prima della morte, disse: “Il mio nome è Blanche Dubois!”.
Nel ’67, Vivien rifiutò di essere ricoverata in seguito ad un attacco di tubercolosi. Fu trovata morta da Merivale l’8 agosto, a causa di un collasso.
Nonostante la malattia e la reputazione di diva difficile, Vivien Leigh rimane una delle attrici più talentuose ed influenti dell’epoca d’oro di Hollywood. Ostinata quanto l’indimenticabile Rossella O’Hara, incapace di rinunciare ad un proposito una volta decisa a raggiungerlo, Vivien fu cremata e le sue ceneri furono sparse nel laghetto della sua residenza del Sussex.