Vivien Leigh è stata una leggenda del cinema e del teatro; scopriamo la sua vita, dagli esordi a “Via col Vento”
Pensando a Vivien Leigh, è naturale associarla al personaggio di Rossella O’Hara, protagonista del grande romanzo americano di Margaret Mitchell. Ma oltre alla spregiudicata e resiliente anti-eroina di “Via col Vento”, Vivien ha recitato soprattutto a teatro.
In questo primo articolo dedicato a lei, scopriremo i primi anni della sua vita e della sua brillante carriera. Vivien Leigh era dotata di straordinaria bellezza e altrettanto straordinario talento ma, dietro l’apparenza di una vita perfetta, si nascondeva l’ombra di un disturbo mentale.
L’infanzia
Vivian Mary Hartley, figlia unica di una coppia mista, nacque il 5 novembre 1913, in India. Qui, il padre era ufficiale della cavalleria britannica e la piccola Vivian vi trascorse i primi sei anni della sua vita, accompagnata dai racconti della madre. Proprio grazie a lei si appassionò alla letteratura e alle storie del passato, entrando in contatto con la mitologia greca ed il folklore indiano, oltre che i classici inglesi.
All’età di tre anni, la bambina “debuttò” sul palcoscenico: si esibì per la compagnia amatoriale della madre recitando una filastrocca inglese intitolata «Little Bo Peep».
A sei anni, i genitori la mandarono a studiare in Inghilterra, al convento del Sacro Cuore di Roehampton. Benché lontana dalla famiglia, Vivian non perse la sua indole viziata. In collegio, conobbe Maureen O’Sullivan, che come lei sarebbe diventata un’icona della Hollywood degli anni d’oro. Vivian confessò proprio all’amica il suo più grande sogno: quello di diventare una “grande attrice”. I teatri la facevano sentire al sicuro e l’arte l’appassionava. All’epoca, la piccola Vivian non poteva certo sapere che le sue parole sarebbero state profetiche.
I genitori decisero di raggiungerla in Inghilterra, durante l’adolescenza, e Vivian lasciò la scuola per seguirli in Europa. Studiò in diversi Paesi, imparando a parlare Francese e Italiano. Tornata in Inghilterra nel 1931, comunicò ai genitori la volontà di diventare un’attrice e fu ammessa alla “Royal Academy of Dramatic Arts”.
Il matrimonio e l’ambizione: la nascita di Vivien Leigh
Nello stesso periodo, Vivian conobbe ad un ballo Herbert Leigh Holman: lei era una diciottenne ambiziosa che sognava la gloria, lui un avvocato più grande di lei di tredici anni. Dopo un fidanzamento di pochi mesi, la coppia convolò a nozze il 20 dicembre del ’32. Herbert non approvava le persone che si dedicavano al teatro, ma Vivian concluse comunque gli studi; tuttavia, dovette mettere in pausa la sua carriera per sposarsi e, successivamente, perché era incinta. L’anno seguente, dopo un parto prematuro e complicato, nacque la loro unica figlia: Suzanne.
Vivian, ad ogni modo, non era affatto intenzionata a mettere da parte i suoi progetti per occuparsi della famiglia. A casa si annoiava e, pur amando la sua bambina, sapeva che non avrebbe mai potuto abbandonare il suo sogno: era troppo giovane per fare la madre e credeva di non averne le qualità. Così, decise di lasciare la figlia alle cure del padre, della suocera e delle tate.
Nel ’35, recitò come comparsa nel film “Things are looking up”, pur senza ricevere alcun credito (la sua parte, inoltre, prevedeva una sola battuta). Decise di affidarsi all’agente John Gliddon, il quale le suggerì di usare un nome d’arte. Dopo diverse proposte, tra cui “April Morn”, giunsero alla soluzione “Vivian Leigh”, che successivamente sarebbe diventato “Vivien Leigh”.
Il debutto a teatro e l’incontro con Laurence Olivier
Nel 1935, Vivien debuttò anche a teatro, recitando nell’opera “The Mask of Virtue”. La sua interpretazione le valse numerosi elogi da parte della critica, il che la portò a dover gestire una fama improvvisa. Tra gli spettatori vi era anche Laurence Olivier, il quale rimase incantato dalle sue abilità recitative e anche dalla sua bellezza. Decise di congratularsi con lei, dando inizio ad un’amicizia che presto si sarebbe evoluta in un amore appassionante, ma “proibito”: entrambi, infatti, erano sposati — la moglie di Olivier era l’attrice Jill Esmond. Vivien, tuttavia, disse ad un’amica che Laurence era l’uomo che lei avrebbe sposato, e così avvenne.
I due si innamorarono sul set del film “Elisabetta d’Inghilterra” (1937), dove recitarono il ruolo di due amanti. Ebbe così inizio una relazione conosciuta al pubblico, dal momento che Laurence e Vivien decisero di convivere nonostante i rispettivi coniugi non concedessero loro il divorzio.
Vivien recitò il ruolo di Ofelia nella produzione di “Amleto” diretta da Olivier. Fu in quell’occasione che l’attore ebbe per la prima volta a che fare con un rapido sbalzo d’umore della compagna: poco prima di entrare in scena, Vivien lo aggredì verbalmente, per poi tacere ed iniziare a fissare il vuoto. La sua performance, tuttavia, non fu in alcun modo compromessa e tornò a comportarsi come se niente fosse avvenuto. Olivier raccontò inoltre che Vivien non aveva alcun ricordo dell’accaduto.
Il temperamento di Vivien fu oggetto di critiche nel 1938 sul set di “Un Americano a Oxford”, film in cui recitò assieme all’amica di scuola Maureen O’Sullivan. Se da una parte la pellicola la rese celebre anche al pubblico statunitense, dall’altro le valse la reputazione di diva viziata e dal carattere poco malleabile, con cui lavorare non era piacevole. All’epoca non si conoscevano ancora le cause del suo comportamento: un disturbo della personalità che il tempo e le circostanze avrebbero inevitabilmente aggravato.
Lo stesso anno, Vivien recitò la parte di un’esperta borseggiatrice nel film “Marciapiedi della metropoli”; le fu inoltre offerto il ruolo di Isabella nell’adattamento cinematografico di “Cime Tempestose” di Wyler. Olivier sarebbe stato Heathcliff e Vivien insistette per poter essere Catherine, ruolo che, però, era già stato assegnato a Merle Oberon. Vivien rifiutò di interpretare Isabella.
Scarlett O’Hara
Dopo aver letto il romanzo di Margaret Mitchell “Via col Vento”, Vivien affermò che lei avrebbe recitato il ruolo della protagonista. Laurence non avrebbe ottenuto la parte di Rhett Butler, ma a lei certamente sarebbe spettato l’onore di dare voce a Scarlett O’Hara (Rossella nella versione italiana). Sperava, con questo ruolo, di ottenere una reputazione tanto degna quanto quella del suo partner.
Cukor e Selznick, rispettivamente il direttore e il produttore della pellicola, erano alla ricerca dell’attrice perfetta per la parte. Provinarono centinaia di attrici, tra cui Bette Davis, Katharine Hepburn, Jean Harlow, Lana Turner, Clara Bow, Barbara Stanwyck, Maureen O’Sullivan e Joan Crawford. Interpreti celebri e apprezzate dal pubblico; eppure, nessuna di loro sembrava soddisfare le aspettative di David O. Selznick. Le proposte del pubblico e dei talent scout venivano rifiutate; parteciparono ai casting persino volti sconosciuti al panorama hollywoodiano. Quasi ogni attrice si presentava da Selznick proclamandosi Scarlett O’Hara; eppure, lui non cedeva: l’interprete perfetta non era ancora arrivata.
Vivien si recò in America, dove Laurence Olivier stava girando “Cime Tempestose”. Fu così che incontrò il fratello di Selznick, Myron, il quale riconobbe in lei tutte le caratteristiche che il produttore stava cercando per Scarlett. Sul set, dove erano iniziate le riprese dell’incendio di Atlanta con una controfigura, Vivien affascinò sia Cukor che Selznick. Quest’ultimo vide apparire davanti a sé l’immagine che fin dal principio si era fatto della protagonista.
Soltanto tre attrici, oltre alla Leigh, erano arrivate alle fasi finali dei provini: Paulette Goddard, Jean Arthur e Joan Bennett. Alla fine, Vivien Leigh ottenne la parte, nonostante l’accento inglese sul quale, tuttavia, l’attrice lavorò.
Le riprese ricominciarono immediatamente. Vivien era impegnata sul set tutti i giorni, per ore ed ore — a volte persino di notte. Era presente in quasi ogni scena e, pur avendo lavorato per 125 giorni, il suo compenso fu nettamente inferiore rispetto a quello di Clark Gable, il quale fu impegnato per soli 71 giorni. Per Vivien, che non apprezzava particolarmente i set cinematografici, l’esperienza fu estenuante, come testimoniò Cammie King (ovvero Diletta Butler, la figlia di Rhett e Rossella). Durante le pause, Vivien arrivava a fumare quattro pacchetti di sigarette per contrastare lo stress, oppure giocava a battaglia navale con Clark Gable, Leslie Howard e Olivia de Havilland.
Quando Cukor fu licenziato e sostituito da Victor Fleming, l’atmosfera sul set si fece più pesante. Leigh e de Havilland litigavano spesso con il regista, scelto per il suo lavoro più celere e, secondo alcune voci, perché Clark Gable non apprezzava l’operato di Cukor. Questi, infatti, era considerato dalle due attrici come un mentore capace di far risaltare soprattutto l’interpretazione di Vivien; Fleming, invece, si concentrava soprattutto sul ruolo di Rhett Butler.
Il copione fu più volte revisionato anche durante le riprese. Vivien ebbe problemi durante le scene in cui doveva baciare Clark Gable a causa del suo alito, tanto che una volta svenne.
Sul set, soffrì più volte di sbalzi d’umore a causa dello stress, con improvvise crisi di pianto. Oltre a ciò, riportò alcune reazioni allergiche alla terra rossa che era stata importata dalla Georgia per rendere quanto più verosimile il set. Per placare i suoi nervi, Leigh spesso assumeva dei sedativi, benché un giorno finì in overdose. A quel punto, Selznick implorò Olivier di raggiungerli per poter trascorrere del tempo con Vivien cosicché potesse rilassarsi.
Alla fine, i suoi sforzi furono ripagati: il film è tutt’oggi un grande successo e all’epoca sbancò al botteghino, ottenendo dieci premi Oscar, tra cui il primo conferito ad un’attrice afroamericana, Hattie McDaniel (Mami); a Vivien Leigh spettò quello di Miglior Attrice protagonista.